AFGHANISTAN, UN ANNO DOPO

A un anno dal precedente incontro, giovedì 6 ottobre 2022 alle 18, il giornalista Domenico Quirico è tornato al Castello di Cisterna per parlare di quello che è successo nell’ ultimo anno dopo i tragici eventi dell’agosto 2021 in Afghanistan. L’iniziativa è stata promossa da Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese – I.C. di San Damiano d’Asti, Museo Arti e Mestieri di un Tempo di Cisterna d’Asti con Fra Production Spa, Libreria "Il Pellicano" e Aimc di Asti. Proprio un anno fa, erano

arrivati i profughi in Italia (tra i quali una giovane famiglia, giunta a Cisterna tramite la Caritas di Asti, che oggi ha scelto un’altra destinazione). Dopo settimane in cui i riflettori sono stati puntati in quella zona, ormai l’interesse appare spento, sovrastato dal rumore di altre guerre. Eppure osservando quei fatti, occhi esperti avrebbero potuto prevedere cosa sta accadendo oggi. E proprio Quirico, nel precedente incontro, aveva immaginato gli scenari che oggi sono sotto gli occhi di tutti.

Il ritiro dall’Afghanistan ha dato prova della sconfitta americana ed è proprio in questo che sta la continuità con la guerra in Ucraina perché è apparsa evidente la difficoltà degli Usa di farsi garanti dei destini del mondo, lasciando la porta aperta a tutto quello che sarebbe accaduto successivamente.

Putin è stato il primo a capirlo in anticipo su tutti quando, nel 2014, si è appropriato impunemente della Crimea. Proprio per questo, probabilmente, ha attaccato non immaginando conseguenze forti. Il motore degli equilibri si sono messi in movimento mettendo in discussione il ruolo degli Usa che non possono più controllare il mondo da soli. Questo è ciò che vuole Putin che ha vissuto sulla sua pelle la dissoluzione dell’ Urss con assoluta miseria personale e che portò all’avvento di pochi oligarchi e di una stragrande maggioranza di poveri. Il baluardo del proletariato di tutto il mondo era stato sconfitto, la sua gente lo aveva scoperto guardando la tv e non era il risultato di una guerra. Allora si era compreso che tutto quello che si pensava ci fosse prima era un inganno e che, forse, l’occidente aveva ragione. Il sogno di Putin è quello di restituire un ruolo alla Russia dopo la sua distruzione. L’ occidente non ha fornito strumenti per evitare l’umiliazione e così si è persa l’occasione di guidarli per raggiungere una nuova identità. Al contrario, sono state imposte loro poche idee “usate”. Tutto ciò ha alimentato il senso di prepotente soddisfazione dell’ occidente ma anche l’umiliazione di questo Paese e il rancore di un popolo è più forte di qualsiasi economia e guerra. Putin lo ha compreso ed ha manovrato tutto questo dal 2000 quando, presentandosi alla nazione, ha promesso di restituire dignità di potenza mondiale al Paese. In primo luogo, ha ricostruito la potenza militare trasformando un esercito arrugginito in uno moderno. Poi ha vinto tutte le guerre in cui si è cimentato: contro i Ceceni, in Siria… bombardando a tappeto senza tenere in nessuna considerazione la presenza di civili o bambini. L’ Africa è un altro terreno sul quale sta ottenendo dei riscontri senza che l’occidente presti attenzione. Oggi non è interessato a impossessarsi dell’Ucraina con le sue vecchie infrastrutture. Il suo vero interlocutore è Biden al quale, da 10 anni, chiede di riconoscere la potenza del suo Paese delimitata da spazi di sicurezza perché la Russia è priva di difese naturali e il nemico è sempre arrivato attraverso le sue immense pianure. Questa è l’angoscia di ogni russo che vede il pericolo arrivare da ovest. L’Ucraina, negli anni, si è trasformato in un Paese diverso e il timore è che la Nato arrivi su questo territorio con le sue basi. Probabilmente, se ci fossero trattative su questi temi, la guerra terminerebbe in breve.

C’è però un altro elemento da tenere in considerazione: l’arsenale nucleare che non è detto che non venga utilizzato perché ha smesso di essere un’arma di deterrenza. Oggi Putin non ha bisogno di confrontarsi con nessuno per deciderlo e rimane la sua unica possibilità se si sentirà braccato e senza altre alternative. Oggi la stupefazione del mondo rispetto all’efferatezza della guerra è emblematica dell’indifferenza degli occidentali se non di fronte a conflitti che sono vicini. Ogni conflitto ha generato crudeltà inimmaginabili ma abbiamo preferito chiudere gli occhi e non vedere perché “la guerra è un crimine in sé e non per il modo in viene svolta perché non esiste una guerra pulita” ha sottolineato Quirico.

Chissà se la prossima volta lo ricorderemo e smetteremo di definirci afgani, ucraini, iraniani… al caldo delle nostre case e pronti a cambiare il cartello alla prossima occasione.

Giovanna Cravanzola

 



Stampa   Email