CACCIA AL NERO

Venerdì 25 novembre alle 18, in videoconferenza, è stato presentato il libro "Caccia al nero. Confessioni di un insider della TV populista” (Chiarelettere). L’autore, che è intervenuto mantenendo l’anonimato, ne ha discusso con Mauro Ferro. L’ incontro è stato organizzato dal Polo Cittattiva per l’ Astigiano e l’Albese – I.C. di San Damiano d’ Asti, Comune e Museo Arti e Mestieri di un Tempo di Cisterna d’ Asti con Fra Production Spa, Libreria "Il Pellicano" e Aimc di Asti. Nel libro, il lettore è condotto, per la prima volta e partendo da esperienze reali, in un

sottobosco anche attraverso le testimonianze di ex colleghi. Come si prepara un servizio contro il reddito di cittadinanza al Sud? Come si “allestiscono” le piazze per gonfiare l’audience? Come si alimenta la rabbia del pubblico durante l’emergenza Covid? Il racconto del mondo viene distorto in base al messaggio che si vuole trasmettere. “Il libro è un racconto che, attraverso la narrazione, parla di verità. È un lavoro corale, sintesi di racconti diversi. Leggendolo mi è venuta in mente l’esperienza di TeleAltoMonferrato (TAM) dove, a fine anni '70, facemmo una televisione libera. Durò fino alla fine anni '80 quando una legge impedì alle piccole televisioni locali di lavorare. Da quella legge sono nate le grandi televisioni di oggi purtroppo, spesso, populiste. Tentavamo per la prima volta di dire qualcosa di nostra ma siamo stati interrotti. Il libro, scritto con molto ironia, racconta fatti anche molto pesanti che scoperchiano una realtà che, per molti, era chiara ma mancavano le prove” ha detto in apertura Mauro Ferro.
“Ho lavorato per un po' di tempo insieme a giornalisti, autori, narratori: tutte le professionalità di una dei canali generalisti di un grosso gruppo televisivo italiano. Una televisione urlata dove, partendo da una tesi precostituita, si cerca di raccontare la società in un certo modo. Un conto è saperlo per ipotesi e un conto e scoprirlo dal di dentro. Tutto ciò ha portato acqua al mulino della destra anche estrema. Il senso è di creare ad arte un clima politico e di sensibilizzare opinione pubblica. Mi sono trovato in questo calderone di varia umanità e quando ho deciso di cambiare rete, ho deciso di lasciare una testimonianza insieme ad altri colleghi. Chi lavora in questi posti è gente normalissima, la maggior parte è così. Solo una minoranza è d’accordo con questa politica perché tutti gli altri hanno idee diverse. Il libro nasce dal bisogno di raccontare qualcosa che influisce sul nostro Paese ma anche da un problema di coscienza perché noi eravamo parte di un ingranaggio e anche il nostro lavoro ha costruito a creare il clima che c'è oggi. In queste trasmissioni, tutto si basava su messaggi molto semplici ma la realtà è molto complessa e non è possibile raccontarla senza tenerne conto. Invece se, ad esempio, si vuole dimostrare che gli immigrati provocano problemi, si prende ad hoc qualcuno che non li sopporta e li si intervista. Poi si scelgono immagini di degrado, musiche in tema, si monta ed il servizio è fatto. Quindi si addomestica la realtà a favore di un’idea. Quasi sempre, poi, si mostra al politico di destra presente in studio e si trasmette una visione di mondo che, in realtà, non esiste. Uno schema semplicissimo, dove ci sono solo buoni e cattivi e anche le piazze funzionano allo stesso modo. Si prendono pochi cittadini e li si intervista in diretta. Dicono quello che pensano ma non è l'opinione di tutti anche perché vengono scelti in base ad un casting tra quelli che sono più rumorosi… Purtroppo, rischiando conseguenze pesantissime anche a livello legale, non abbiamo potuto scrivere i nostri nomi sul libro” ha detto l’autore che è intevenuto a telecamera spenta e con la voce modificata da un programma specifico (ed è anche il motivo per il quale non è stato inserito il link con il video nella documentazione).
Il nero del libro – come ha sottolineato Ferro - sono i migranti, gli zingari e la platea di persone che prende il reddito di cittadinanza ma anche la stagione del covid e tutto ciò che ha significato. Si tratta di una tv che parte dalla cronaca spicciola per i propri fini ma, in questi ultimi anni, anche la tv di Stato sta avendo atteggiamenti di questo tipo non raccontando tutto ciò che accade come ha fatto, ad esempio, politicizzando una manifestazione come l'ultima Marcia della Pace.
Purtroppo, come ha precisato l’autore, il giornalismo italiano non gode di buona salute: scarsi preparazione e stipendi mentre la tv generalista paga meglio. Per tutti questi motivi, la categoria dei giornalisti è ricattabile a livello economico perché lavorando in alcuni posti (pochi) si può vivere del proprio lavoro ma altrove no. Allora si interpretano i voleri del capo e si mettono in pratica.
Inoltre, questo tipo di giornalismo funziona perché, tranne pochi programmi, ad esempio Report, non ci sono tante inchieste giornalistiche mentre funziona la tv urlata che costa poco e fa alti ascolti. Il servizio pubblico, essendo in competizione, si adegua mentre il dibattito, da costruttivo, diventa solo insulto e basta. Esistono, ovviamente, le differenze ma, di fatto, il giornalismo non ha gli anticorpi per contrastare questa tendenza. Sempre più fitta, poi, la schiera dei politici da salotto che intervengono solo sapendo le domande che verranno fatte, chi sarà presente e quale dibattito verrà condotto. Alla fine, il prodotto che si realizza è un servizio inutile dove, però, tutti i partecipanti escono contenti.
I social che, apparentemente sembrerebbero offrire una maggiore libertà, di fatto sono controllati da multinazionali che non permetterebbero mai che ciò avvenisse. Inoltre, senza un lavoro giornalistico serio capace di rendere fruibile una notizia complessa ma anche verificabile, non si ottengono risultati positivi. La terza via è quella del giornalismo onesto che può avere anche aspetti di tipo politico ma, quello vero basato su un’etica professionale, non inventa e non gonfia notizie. Purtroppo si vendono sempre meno questi giornalisti e, essendo pagati così poco, non potranno investire sulla propria formazione. Il lavoro, come ha sottolineato l'autore, è uno dei temi perché si sono persi molti diritti. C'è un disegno collettivo che spinge solo verso chi ha risorse e potere e non verso la collettività. Le tv populiste, scaltramente, hanno costruito programmi che hanno portato all'ignoranza e, solo successivamente, format di cronaca/spettacolo dove intrattenimento e giornalismo si mischiano non per raccontare la realtà ma per creare sensazionalismo.
Come uscirne?
“La tv è funzionale a questo modello politico. Il tuo nemico è sempre più in basso, è quello più povero di te. È un meccanismo forte anche per il mondo del lavoro precario ma, prima o poi, andrà in pezzi. È l'unica risposta possibile. È proprio per questo che ho scritto questo libro… anche per dare un segnale a chi ha deciso di rimanere dentro” ha concluso l’autore.

Giovanna Cravanzola


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