I TRENI DELL’ACCOGLIENZA. INFANZIA, POVERTÀ E SOLIDARIETÀ NELL'ITALIA DEL DOPOGUERRA 1945-1948

Molti sono gli aspetti, anche quelli della storia recente, che abbiamo dimenticato.


Di uno di questi ha parlato il prof. Bruno Maida nel suo ultimo libro “I treni dell’accoglienza. Infanzia, povertà e solidarietà nell'italia del dopoguerra 1945-1948" (Einaudi). Sabato 6 febbraio 2021 ne ha discusso con Mario Renosio. La videoconferenza è stata organizzata dal Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’ Albese – I.C. di San Damiano e Museo Arti e Mestieri di un Tempo con Fra production Spa, Israt, Associazione "Franco Casetta", Libreria "Il Pellicano" e Aimc di Asti.


“Bruno Maida collabora da anni con la Rete degli Istituti della Resistenza. Il suo ultimo libro parla di una storia di bella politica pressochè sconosciuta. Parlare di bella politica è un’operazione di controtendenza oggi. - ha detto in apertura Mario Renosio - Nel dopoguerra ci sono Italie diverse che nel libro emergono chiaramente. Ci sono aree depresse, città bombardate e poverissime. E proprio il tema della povertà fa da filo conduttore al libro. Ci sono milioni di  iscritti alle liste poveri e il 50% risiede al sud. L’assistenza all’infanzia è una delle emergenza dell’Italia stracciona del dopoguerra narrata dal neorealismo. La storia narrata dal libro prende l’avvio dall’esperienza del mutuo soccorso e dall’ idea delle donne del Pci passato, nel dopoguerra, da partito di militanti a partito di massa. È stato legittimato politicamente attraverso la lotta di resistenza ma al sud ci sono problemi di radicamento. Come nasce il progetto dei treni della felicità e quale fu il protagonismo femminile?”


“Al centro del libro – ha risposto Maida - c’è il protagonismo dell’infanzia perché ho cercato di mettere in luce questo aspetto anche dal punto di vista simbolico. Per il fascismo, l’infanzia era protetta in previsione di un futuro bellico. Ma quale è stata l’infanzia offesa da guerra e bombardamenti? L’infanzia è un nodo. Il dopoguerra ha visto anni in cui tutto era possibile ma in cui i soggetti protagonisti mettevano al centro visioni del mondo diverse. Per me l’infanzia è fondamentale e la domanda che pongo è cosa può fare la bella politica per un piccolo migrante? Come può incidere nella vita quotidiana? Oggi non manca la solidarietà ma non sta dentro alla visione di un nuovo mondo. Allora, invece, questo accadeva. C’era il progetto di un’Italia futura”.


La storia del libro sta nel punto di intreccio di queste questioni. Nasce nell’autunno del ‘45 a Milano quando un gruppo di donne, tra cui Teresa Noce, si pongono un problema. In periferia ci sono bimbi che non hanno nulla. Cosa fare? Si chiede se in Emilia Romagna i compagni di partito possono ospitarli. Scoprono che sono messi a disposizione migliaia di posti per trascorrere l’inverno. I bimbi di Torino andranno a Mantova, Verona da famiglie comuniste che accolgono. Però, sono proprio le comunità intere ad accogliere, anche chi non è comunista. Tutti si mettono a disposizione dei bambini. Quest’operazione nasce a nord. A fine dicembre del ‘45, si capisce che l’infanzia può essere promotrice del comunismo al sud. L’operazione dura all’incirca due anni. Venti, trentamila bambini vanno verso il nord. Molti rimangono e si affezionano. Altri tornano a casa e ripartono più volte.

É un’operazione femminile. Bisognava convincere altre donne a dare i propri figli ed era necessario costruire un’immensa operazione di fiducia.
Ci si  trova di fronte a un mondo comunitario. Tutti aiutano per dare una mano ed accogliere questi bambini che scoprivano il cibo, il calore, di vestiti e, a volte, anche di razzismo. C’era un ribaltamento verso una condizione completamente nuova.
“Avevo bisogno, dopo aver raccontato la Shoah dei bambini, di parlare di bella storia. Però non ci dobbiamo far prendere della commozione in realtà la prospettiva è storica e politica” ha sottolineato Maida.

L’ associazionismo cattolico aveva un altro progetto politico sull’infanzia. Infatti c’era una capillarità delle iniziative ecclesiastiche.
Fino al ‘47, quando i vari partiti collaborano anche le risorse sono suddivise in modo paritario. Successivamente, mancano le risorse al Pci per continuare ma anche le ragioni. Non c’era più l’emergenza che aveva fatto partire l’iniziativa. La Chiesa vuole assistere i bambini a casa loro per non disgregare la famiglia. Però, fino al ‘57 non c’è un progetto di assistenza dello Stato alla povertà e danno una risposta solo le associazioni ma diventano anche strumenti di promozione politica. L’infanzia che esce dalle guerre del ‘900 è orfana, profuga e povera e oggi è la stessa che preme alle nostre porte. Si cerca anche di ricomporre l’unità nazionali di territori distrutti e spopolati.

“I treni che racconto sono prefigurazioni delle grandi migrazioni al nord. Il treno attraversa l’Italia. È un luogo, l’esperienza di unione tra posti lontani separati dallo spazio ma anche da lingue incomprensibili e cibi molto diversi. Tutto ci racconta che il nostro è un Paese povero che non è mai stato in grado di affrontare in modo strutturale la povertà a cui ha sempre dato risposta l’associazionismo. Oggi l’infanzia è al centro per quanto riguarda il consumismo ma dobbiamo ricordare che molte cose che si appaiono belle valgono solo per le persone ricche e non per gli altri.

Purtroppo i bambini sono cittadini in quanto consumatori. Allora, invece, c’era idea di politica che tiene insieme il bisogno.Oggi la politica ha rinunciato all’ideologia come visione del mondo. In che modo oggi un partito di sinistra si misura con la disuguaglianza? Conoscere e comprendere la storia significa comprendere il presente. Importante anche rendere consapevole l’infanzia di essere soggetto e protagonista della storia. Oggi il problema è riconoscere la storia dell’infanzia che non vediamo, in guerra, nei campi profughi di cui, spesso, non vogliamo sapere nulla” ha concluso Maida.


Giovanna Cravanzola


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