RE DEI LAVORATORI E RE DEI VAGABONDI

Domenica 23 giugno 2024, al Castello di Cisterna, Giuliano Giovine ha presentato “Re dei lavoratori e re dei vagabondi. I bottai di Canelli e dell'Astigiano (1890-1945)" (Impressioni Grafiche). Ne ha discusso con Piercarlo e Renato Grimaldi. L’incontro è stato organizzato da Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese – I.C. di San Damiano, Museo Arti e Mestieri con Comune di Cisterna con Fra Production Spa, Israt, Libreria "Il Pellicano" Aimc di Asti.

Un volume frutto di una ricerca iniziata quarant'anni fa. Giovine ricostruisce la storia sociale dei bottai attraverso documenti d'archivio, articoli di giornale e soprattutto impagabili interviste, espressione di un mondo scomparso. Nei loro racconti vengono rievocati i passaggi nodali dell'origine degli stabilimenti delle botti, l'apprendistato, i tratti essenziali di questa cultura materiale ma soprattutto gli aspetti di una mentalità identitaria che li caratterizzò fino alla fine della loro vita lavorativa. Il tutto arricchito da un corredo fotografico straordinario.

Giuliano Giovine, nato a Canelli, è stato operaio per 10 anni. Si è laureato in Pedagogia ed è stato cultore di Storia Contemporanea alla facoltà di Scienze Politiche di Torino. Docente per trent’anni, negli ultimi venti ha insegnato Filosofia e Storia nei licei. Collabora alla realizzazione della rivista Iter.

Piercarlo Grimaldi, antropologo, è stato Rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.

Renato Grimaldi, sociolofo, è stato professore ordinario di Metodologia della ricerca sociale e Preside della Facoltà di Scienze della Formazione (Unito).

Come ha sottolineato in apertura Piercarlo Grimaldi, le interviste danno una visione di come i bottai erano considerati ed è importante per questo. Potrebbe essere definito quasi autobiografico per la sua capacità di comprendere il contesto sociale dei tempi. Un lavoro che ha il taglio dei saggi scientifici e che, stagionando nel corso degli anni, è diventato come barolo.

Un altro aspetto della vita dei bottai è la frequentazione delle osterie dove passavano quasi tutto il tempo libero. Una delle loro regole era non dedicarsi al lavoro il lunedì. Venivano definiti lunedianti proprio per questo: ancora troppo ubriachi per poter applicarsi. Alcune volte, non si recavano al lavoro neppure il martedì e il mercoledì ma erano in grado di terminare tutte le attività assegnate nei giorni della settimana restanti. Erano cottimisti: re quando lavoravano e vagabondi per il resto della settimana.

 

Erano figure di grande competenza e ne erano consapevoli. Per questo erano loro a stabilire le regole e anche romperle. Avevano acquisito, rubando il mestiere con gli occhi, una rara intelligenza artigianale e il libro ne è una testimonianza.

Quel tipo di industria è scomparsa. Ciò che rimane in Italia è tutto meccanizzato. La loro – ha detto Giovine – era una mentalità preindustriale in cui gli operai rifiutavano il lavoro in fabbrica non volendone interiorizzare gli orari. Per me, erano persone di famiglia. Si iniziava come apprendisti a 9/10 anni e bisognava imparare subito a difendersi dall’irascibilità degli adulti che, essendo cottimisti, erano spesso nervosi. In questa loro sregolatezza, si prendevano la rivincita su un’infanzia dura e negativa. Era una sorta di risarcimento”.

Come ha sottolineato Renato Grimaldi, la loro competenza ha consentito a molte ditte canellesi di aprire succursali anche oltre oceano e, anche per questo, i bottai godevano di una certo potere e ricchezza guadagnando anche il doppio rispetto ad altri. Non solo, godevano anche di grande prestigio. Il libro ha un ricco apparato documentale grazie all’archivio Giamelli di Canelli e le interviste sembrano uscire dalla capsula del tempo.

A livello politico, i bottai si professavano socialisti o anarchici a inizio ‘900. Un tempo (fine ‘800) erano in grado di fare tutti i passaggi della lavorazione. Successivamente, diventando cottimisti, si specializzarono.

Pur essendo un’aristocrazia operaia, non si chiusero e spesso furono promotori di scioperi per garantire un aumento delle tariffe a tutti i lavoranti del legno anche se furono sconfitti dopo 128 giorni di sciopero. I socialisti erano alleati dei contadini.

Non aderirono mai al fascismo e molti emigrarono in Francia o in America. La loro era una mentalità simile a quella degli appartenenti alle corporazioni medioevali e il loro mito ancora sopravvive.

Giovanna Cravanzola


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