SAPER DIRE NO. LA SVASTICA E LA CROCE

“La svastica e la croce. Dietrich Bonhoeffer, teologo e pastore luterano, e la scelta di opporsi al regime nazista" del 13 febbraio 2025 è stata la nuova videosofia con il prof. Banaudi per parlare di responsabilità e libertà. L’iniziativa è stata promossa da Polo Cittattiva Astigiano Albese – I.C. S.Damiano, Museo con  Comune di Cisterna, Israt, Ass.“F. Casetta”,  Lib. "Il Pellicano" e Aimc Asti. 

Bonhoeffer proveniva da una famiglia borghese e la sua fu una mente molto raffinata. Studiò teologia, disciplina riconosciuta in Germania, approfondendo molte tematiche. Venne a Roma per conoscere meglio la Chiesa cattolica. Pur essendo avviato verso una grande carriera come teologo, a un certo punto divenne cristiano. Si può studiare tutta la vita e diventare professore, ma non è detto che si diventi cristiani. Approfondì il Vangelo e, alla fine, arrivò alla convinzione di dover uccidere un uomo, non come un fanatico, ma a causa di una crisi morale profonda, sapendo che Cristo è venuto per salvare gli uomini con la sua vita. Da questa consapevolezza derivò la necessità di fare scelte responsabili per eliminare un nemico. Maturò questa scelta durante l’ascesa del nazismo e capì su che deriva si stava andando già dal 1933, ma la sua crisi si approfondì nel 1938. La vicenda meriterebbe un romanzo.

“Ho trovato delle lettere – ha approfondito Banaudi - in cui si comprende che, anche nel dubbio, arrivò alla certezza che era giusto agire così. La sua decisione si chiarisce ulteriormente durante la prigionia”.

Si identificò con Cristo. Ci si potrebbe chiedere come fosse possibile farlo con l’uomo che pregava nel Getsemani e che morì sulla croce. Venne ucciso il 9 aprile 1945 non per motivi politici – la guerra era ormai persa per i nazisti – ma per l’urgenza assoluta del male. La sua morte viene descritta come quella di un uomo che trascorre i suoi ultimi istanti sereno. Stupisce il fatto che, nonostante in molti sapessero che era antinazista, venne ignorato tutto ciò per molto tempo. I suoi studi giovanili erano rivolti alla carriera accademica ma incontrò il Vangelo e si inciampò nella vita. A 23 anni, quando andò a New York per approfondire gli studi biblici, scoprì che il Dio studiato in Germania era una divinità borghese, prona rispetto al nazismo. Per i protestanti, la Lettera ai Romani di San Paolo invita alla sottomissione alle autorità stabilite da Dio. In America, però, gli insegnarono il pensiero critico, facendo riflettere sul fatto che molte chiese avevano benedetto gli eserciti, venerando un idolo tribale.  Riflettè molto anche sul Discorso della montagna, il vero testamento di Cristo. Tornando in Europa, si rese conto che il suo ruolo non era solo quello di teologo e pastore, ma di cristiano cioè di uomo che si confronta con il Vangelo.
Infatti vero cristiano non è un religioso ma chi vive i valori della giustizia nel mondo terreno.
Cambierà paradigma, sostenendo che il cristianesimo non è solo religioso (citando Ugo Grozio) ma è fedele ai problemi del mondo terreno, come Gesù che condivise tutto con gli uomini. Infatti, se non fosse per le parabole, la misericordia e la necessità di fare del bene, Gesù non avrebbe mai parlato esplicitamente di Dio. "Chi vede me, vede il Padre". Gesù si impegna con gli uomini, vivendo il rapporto con Dio come relazione e responsabilità nel mondo.
Nietzsche affermò "Dio è morto", ma Bonhoeffer sostiene invece che bisogna vivere come se Dio non ci fosse, assumendosi la responsabilità delle proprie azioni di fronte a Dio.
Da questo momento, fino in fondo, cercò di farsi carico dei problemi dell’uomo del suo tempo, in particolare di quello tedesco. Quando Hitler entra al potere, Bonhoeffer fece un discorso: se i membri della chiesa accettano di adorare il capo solo per deferenza verso la chiesa stessa, commettono apostasia. Il discorso fu interrotto. Non ebbe conseguenze penali: il regime non era ancora totalitario ma le chiese cattolica e protestante firmarono comunque accordi con il potere.
Il Papa, intanto, pubblicò un’enciclica di preoccupazione contro l’antisemitismo, poiché i cristiani si riconoscevano come popolo semita. Le minacce alla Chiesa furono chiare. Solo alcuni protestanti votarono per Hitler, mentre i cattolici (e anche Hitler lo era) non aderirono.
Si organizza una chiesa dissidente, sconfessante, con seminari per formare pastori, anche se D.B. verrà interdetto dall’insegnamento. Dal 1935 al 1937, capisce che la dissidenza deve passare all’azione e concepisce il dovere di uccidere come un atto necessario. Ma, per fermare la macchina dell’ingiustizia occorre chiedere al governo legittimità di ciò che sta facendo, aiutare le vittime il più possibile, cercare di fermare la macchina. Sebbene queste azioni siano nel campo del male, sono considerate da lui come necessarie. Non esplicita mai questa idea, ma si intuisce il suo pensiero. Nel 1938, entra nel controspionaggio, come il cognato che lavorava nei servizi segreti e raccoglieva documenti. Dal 1939, cercano di trovare contatti con agenti stranieri, anche doppiogiochisti, sperando che gli inglesi possano agire contro Hitler, sapendo che anche in Germania ci sono oppositori. Il 20 luglio 1944, si tenta un attentato con bomba (Operazione Valkiria).
Nella sua ultima lettera dal carcere, intitolata "Resistenza e resa", si chiede fino a che punto la resistenza è giusta e quando diventa inutile. Chi rimane saldo nel buio più totale?
Secondo lui, solo chi non basa la propria decisione sulla ragione o sull’interiorità pura, ma su un senso di responsabilità più profondo, può resistere. Quando si decide di uccidere un uomo, si agisce sotto la propria responsabilità. Non esiste una legge universale, ma si dovrà risponderne a Dio. Questa è la massima libertà dell’uomo. A volte si devono fare scelte difficili, anche tra due bene o due giusti, e risponderne a Dio. Queste parole sono fondamentali anche nel tema della resistenza: i partigiani, fino in fondo, hanno meditato la decisione di uccidere un uomo. Per Bonhoeffer, il cristiano non è un “homus religiosus” come Gesù, ma impara a credere nell’aldiquà, nella vita concreta, senza limitarsi a essere un uomo di chiesa, ma vivendo nella responsabilità, con consapevolezza di successi e fallimenti. Ormai sa di essere arrivato alla fine. Morì assassinato dai nazisti, pieno di serenità, consapevolezza e, ancora oggi, il suo pensiero ha molto da insegnarci.

Pensando al mondo attuale in cui si parla di "connessività" (essere connessi e mai soli),
D.B. afferma che è più pericoloso uno stupido di un malvagio, perché la stupidità nasce non da un difetto intellettuale, ma morale: dalla rinuncia al pensiero critico e dalla viltà.
Lo stupido diventa strumento di manipolazione e contagio, come uno schiavo di Nietzsche, che sceglie di conformarsi e di essere stupido per non rischiare. L’unica vera forma di trascendenza è essere per gli altri, uscire dal proprio egoismo. Per uscire dalla stupidità, bisogna intervenire anche dall’esterno, non solo con illuminazione interiore.
                                           

Giovanna Cravanzola

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